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Nel nostro cammino possiamo scegliere quali strade percorrere; possiamo sceglierle in relazione alla meta che vogliamo raggiungere, e possiamo sceglierle anche in base al tipo di percorso che abbiamo in mente di fare.

Così avviene quando ci spostiamo fisicamente da un luogo all’altro; possiamo scegliere se percorrere l’autostrada, oppure le strade minori. La prima è veloce, diretta, ci permette di raggiungere la massima efficienza possibile, ma non ci offre paesaggi particolarmente affascinanti, né ci consente di accorgerci se, durante il viaggio, stiamo attraversando luoghi interessanti. Il secondo tipo di percorso è sicuramente un po’ più lungo, richiede una velocità più contenuta e forse ci mette nella condizione di affrontare qualche tratto abbastanza impegnativo; il rovescio della medaglia è poter cogliere molte più informazioni sul luogo, godere di paesaggi magnifici e scoprire situazioni e contesti che mai avremmo immaginato.

Non è detto che una scelta debba valere sempre e comunque, ci sono momenti della vita in cui abbiamo bisogno dell’autostrada, e altri momenti in cui vale la pena di percorrere altre strade.

Quello che si incontra durante il cammino

Nel post pubblicato su Linkedin abbiamo parlato di soglia. Essa rappresenta un ingresso, e anche un limite. Le soglie che troviamo lungo il nostro percorso sono tante e di varia natura. In ogni caso, rappresentano sempre un momento di cambiamento, un confine da valicare, superato il quale il contesto che si aprirà davanti ai nostri occhi sarà diverso.

Talvolta, le porte da aprire e i limiti da superare ci incuriosiscono e ci caricano di entusiasmo; altre volte ci creano delle perplessità. Siamo titubanti perché cosa c’è oltre quel limite sarà a nostra disposizione solo dopo averlo oltrepassato. E quando dobbiamo decidere se fare quel passo oppure no, possiamo affidarci solo in parte a ciò che sappiamo e alle nostre esperienze passate; c’è una parte che dipende esclusivamente dal nostro sentire, da quell’indecifrabile elemento assolutamente personale che ci porta a dire sì oppure no.

Superare un limite, aprire una porta, addentrarsi in una realtà nuova sono sfide che comportano rischi. Il tranello in cui talvolta cadiamo è pensare che se non facciamo quel passo abbiamo l’assoluta tranquillità di essere al sicuro.

Uscire dalla comfort zone

Innanzitutto, cos’è la comfort zone? Possiamo definirla la zona che conosciamo bene, in cui ci sappiamo muovere con grande padronanza, conoscendone pregi e difetti. Il nostro team super collaudato, le nostre abitudini, l’attività che padroneggiamo, i clienti di vecchia data, i progetti che si ripropongono annualmente, questi sono tutti esempi di comfort zone.

Rimanendo nell’analogia della strada, possiamo dire che la zona di comfort è il tragitto che conosciamo a memoria; sappiamo addirittura dove si trova quel difetto che fa sempre sobbalzare l’auto, e quindi sappiamo come evitarlo.

Spesso si sente dire di dover uscire dalla zona di comfort come unica possibiltà di crescita ed evoluzione. E se invece di uscire dalla zona di comfort ci ponessimo come obbiettivo quello di ampliarla?

Uscire dalla comfort zone ci fa pensare a qualcosa che ci crea disagio, forse addirittura sofferenza. Diverse emozioni ci provoca l’idea di rendere più ampia la zona di cui conosciamo le caratteristiche.

Proponiamoci perciò di non dover necessariamente diventare eroi, bensì esploratori.

Il coraggio di superare la soglia

Anche un esploratore deve comunque sperimentare un po’ di coraggio; addentrarsi in nuove terre per vivere esperienze sino a quel momento sconosciute richiede spirito d’avventura e la capacità di andare oltre.

Avere coraggio non significa non avere paura; è esattamente il contrario. Significa riconoscere le nostre emozioni, accoglierle e averne rispetto, e nello stesso tempo, usare proprio le nostre piccole resistenze al cambiamento come sprone per metterci alla prova e fare un passo in più verso la nostra crescita continua di persone e di imprenditori.

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