O hai torto oppure io ho ragione Blog Corporate - Consulenza Aziendale

Sembra una battuta di spirito, eppure, molte volte, quando ci confrontiamo con qualcuno su punti di vista diversi, si innescano dinamiche che, pur senza usare il paradosso della frase del titolo, portano a una conseguenza simile.

Succede, ad esempio, tutte le volte che neghiamo ciò che abbiamo appena confermato. Il modo per raggiungere tale risultato è usare una delle costruzioni killer della comunicazione: “sì, ma”, oppure il suo sinonimo “sì, però”.

Sì, ma…

Il problema del “sì, ma” (non aggiungiamo più il “sì, però” che abbiamo già detto avere la stessa valenza) si presenta molto spesso durante le riunioni di “brain storming”, cioè quelle riunioni in cui l’obbiettivo è trovare idee nuove, soluzioni a problemi, proposte alternative.

Quando ci si riunisce per mettere in moto la creatività di tutti, il giudizio dovrebbe essere sospeso, proprio per permettere a ogni idea di vivere e trovare lo spazio e il tempo per poter apportare il valore di un pensiero, per quanto questo possa essere inusuale e apparentemente fuori contesto. Eppure, molte volte, sin dal momento in cui una proposta viene condivisa, inizia il processo di valutazione con relativa sentenza.

Ma torniamo al nostro “sì, ma”.

Tutte le volte che esordiamo con queste due pericolose paroline, stiamo facendo una grave ingiustizia nei confronti di chi ha espresso l’idea; di chi, insieme a noi, la sta ascoltando; ma soprattutto nei confronti di noi stessi, perché ci neghiamo l’opportunità di aprirci a nuove idee e nuove opportunità che potrebbero aggiungere ai nostri paradigmi e ai risultati delle nostre esperienze e della nostra cultura nuove modalità di vedere e interpretare ciò che ci circonda.

Inoltre, ogni volta che stronchiamo sul nascere una nuova idea, seppellendola sotto il cumulo delle nostre obiezioni travestite da affermazioni, ci stiamo ponendo in una posizione non assertiva, bensì aggressiva, nei confronti del nostro interlocutore del quale, di fatto, stiamo respingendo il contributo.

Perché no?

In alternativa all’odioso “sì, ma” abbiamo la possibilità di concederci la libertà della scoperta e dell’implementazione attraverso altre due magiche parole che, questa volta, ci permettono di aprire infinite porte verso il nuovo: “Perché no?”.

“Perché no?” è una sfida che lanciamo alla nostra voglia di rimanere nella rassicurante zona di comfort, fatta di abitudini, di esperienze già vissute, di finali già conosciuti, di convinzioni che il nostro pensiero sia sempre il migliore per il solo fatto che ci appartiene.

“Perché no?” è una garanzia di crescita e di evoluzione. Si può fare un passo avanti solo se valichiamo i confini del nostro conosciuto, altrimenti è come girare in tondo in un cortile di cui conosciamo tutta l’area e tutto il perimetro: sicuro, ma non entusiasmante.

Se ci abituiamo a fare a noi stessi questa potente domanda “perché no?” ci alleniamo a mettere in discussione non solo le nostre “scelte automatiche”, ma i nostri pensieri ricorrenti e le strategie vecchie.

Non è vero che tutto ciò che abbiamo fatto, per il solo fatto di essere passato, sia sbagliato, ma non è neppure vero che tutto ciò che non abbiamo ancora fatto sia sbagliato. C’è un tempo giusto per ogni cosa, l’importante è regalarci il diritto di sperimentarla.

Ottenere nuovi risultati

Potremmo chiederci qual è il nesso tra alcuni elementi tipici della comunicazione e il raggiungimento degli obbiettivi.

Il fatto è che ogni cosa che esiste in questo mondo, semplice o complessa che sia, è nata inizialmente nella testa di qualcuno. Prima c’è il pensiero e, subito dopo, la parola, capace di dare vita e concretezza a quel pensiero. È dalla parola che prendono vita strategie, prodotti, oggetti, qualsiasi cosa concreta e astratta.

Ecco perché le parole sono così importanti, ed è così importante sceglierle con cura. Una parola può far cambiare il corso della nostra storia, o della storia della nostra azienda, o dell’intera umanità.

Chi vuole ottenere risultati nuovi e non cambia le parole della sua quotidianità, significa che non sta cambiando i suoi pensieri. E se non cambia i pensieri, non cambia le idee, se non cambia le idee, non cambia i risultati che quelle idee sono in grado di portare.

Un modo per dare nuova linfa ai nostri pensieri e alle nostre idee è aprirsi al mondo e ascoltare pensieri e idee che arrivano dagli altri, anche se sono persone meno preparate di noi, o più giovani, o persone che, secondo noi, non hanno grandi contributi da dare. Talvolta, anche un bambino può fornirci lenti nuove per interpretare la realtà in modo diverso.

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