Il magico potere dei feedback articolo PMI - Consulenza Aziendale

Nel post pubblicato su Linkedin abbiamo sostenuto l’importanza di ricevere feedback per garantire il nostro benessere psicologico ed emotivo.

Questa necessità ci accompagna sin dai primi momenti della nostra vita, quando abbiamo avuto bisogno delle carezze e del contatto fisico quanto del nutrimento.

Se mai abbiamo avuto a che fare con dei bambini, ci sarà capitato di vedere che quando non si sentono presi sufficientemente in considerazione, piuttosto che sentirsi messi da parte, fanno i capricci e il diavolo a quattro, così, almeno, i genitori sono obbligati a dare loro la giusta attenzione, anche se per fare una ramanzina.

Nel linguaggio della psicologia, l’espressione dell’interesse di una persona verso un’altra viene definita Stroke, tradotta in italiano con Carezza, anche se più correttamente “stroke” significa “tocco”.

Abbiamo visto che le “carezze” possono essere tanto positive (lodi, coccole, sorrisi, attenzione, segni d’interesse), quanto negative (rimproveri, critiche, minacce e, purtroppo, anche violenza verbale o fisica).

Noi umani abbiamo bisogno di “carezze”; l’isolamento sociale e la sensazione di essere invisibili ci fa cadere in gravi stati di depressione e di malessere psico-fisico.

Da questo concetto di “carezza”, non sempre direttamente collegata a qualche specifico comportamento (noi possiamo sorridere ed esprimere amicizia e affetto in modo spontaneo e incondizionato senza che il nostro interlocutore abbia fatto qualcosa), si passa all’idea del feedback, che invece è un’indicazione su un comportamento tenuto o un risultato raggiunto.

Non esistono feedback negativi

In che senso? In effetti, la prima domanda che emerge a seguito della dichiarazione del titolo potrebbe nascere  proprio dalla necessità di capire meglio.

Se e quando un feedback è formulato in modo corretto, si tratta sempre di un feedback positivo, in quanto l’obbiettivo di un feedback è sempre la crescita e lo sviluppo della persona. Non esiste un feedback con l’intenzione di demoralizzare la persona, di farla sentire inadeguata, di smorzare entusiasmi e, men che meno, di ledere la sua dignità.

Esistono perciò feedback di rinforzo per le azioni positive, e feedback di miglioramento per le azioni non adeguate all’obbiettivo da raggiungere o alle aspettative aziendali.

La regola d’oro del feedback: mai sulle persone

Bene. Allora a chi diamo il feedback? Alle piante dell’ufficio? Alle scrivanie?

Il feedback si restituisce ovviamente alla persona, ma non è mai “sulla” persona. Non si tratta di un giudizio o una valutazione su una caratterstica della persona, ma deve essere sempre focalizzato su un comportamento, un’azione. Ciò che si vuole rinforzare o migliorare sono i comportamenti, non certo le persone.

Non spetta a noi voler cambiare le persone; se proprio vogliamo lavorare sullo sviluppo di una persona, possiamo sempre lavorare su noi stessi!

All’inizio può sembrare un po’ difficile, siamo abituati a usare frasi semplici e veloci (ma pericolose) come: “sei bravo”, “sei un pasticcione”, “sei disordinato”, “sei affidabile”, e così via. Questi non sono feedback; sono giudizi che attaccano sulla persona dei cartellini che possono limitare le sue possibilità di sviluppo, anziché potenziarle.

Molto più utile è concentrarsi sullo specifico lavoro eseguito o comportamento adottato: “questo lavoro è un po’ disordinato; si fa fatica a seguire la logica sottostante”, oppure: “hai fatto questo lavoro con molta attenzione e cura. I temi sono spiegati in modo chiaro e la sequenza degli argomenti aiuta la comprensione dell’intera presentazione”.

È chiara la differenza?

Il metodo AID

Per restituire un feedback in modo corretto, possiamo seguire il metodo AID.

Action (azione). Rimaniamo sempre concentrati sull’azione e non sulla persona. Se riusciamo a non farci trasportare dalle emozioni e rimanere focalizzati sul contenuto, il feedback sarà sicuramente molto più efficace e utile per tutti.

Impact (impatto). È importante spiegare alla persona perché quel comportamento è stato adeguato o non adeguato. Il feedback, infatti, non è una questione di gusto estetico (siccome io sono il capo, quando fai qualcosa che mi piace, ti dico che va bene; quando fai qualcosa che io avrei fatto in modo diverso, ti dico che non va bene). Le azioni hanno ripercussioni specifiche; dobbiamo far capire al nostro interlocutore quali sono gli impatti (positivi o negativi) delle sue azioni e dei suoi comportamenti.

Development (sviluppo). Un feedback deve sempre essere volto alla crescita e allo sviluppo della persona. Un feedback deve quindi concludersi con un piano d’azione – anche molto semplice, in alcuni casi – in cui decidere insieme come mantenere lo standard raggiunto e magari migliorarlo, o come evitare comportamenti o azioni dimostratisi non corretti o non funzionali al raggiungimento dei risultati.

I feedback fanno bene a tutti

Fanno bene a chi li riceve perché sono importanti strumenti di crescita e miglioramento.

Fanno bene a chi li fornisce perché è un modo concreto per conoscere da vicino i propri collaboratori e guidarli verso il loro miglioramento.

Fanno bene all’intera squadra perché quando si lavora scambiandosi feedback, aumenta la fiducia e il rispetto reciproco.

Fanno bene all’azienda che, attraverso un sistema continuo di feedback, aumenta la qualità del proprio lavoro.

Se siete interessati ad approfondire il tema del feedback, potete contattarci cliccando il pulsante

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