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“Hai sbagliato!”

“Non è stata colpa mia”.

Le due frasi, a pensarci bene, hanno pressoché nulla in comune; eppure, la seconda spesso segue la prima, perché siamo cresciuti nella cultura della colpa.

È una colpa opprimente e pesante, che deve essere espiata e che ci attende, famelica, dietro ogni angolo del nostro cammino, in attesa di un nostro errore.

Il significato dell’errore

“Errore” deriva dal latino “error”, come derivato di errare; il suo significato è quello della deviazione, dell’allontanamento. Nulla ci induce a pensare a qualcosa di malvagio o di criminale, anzi; la sua terminazione in “ore”  trasmette piuttosto un senso di sospensione, di piacevole  indeterminatezza, come, ad esempio, chiarore, sentore, splendore.

Allora, perché questa parola fa così tanta paura?  Perché c’è così poca tolleranza per l’errore?

Colpa e responsabilità

Il fatto è che più l’errore viene demonizzato e punito, più chi lo commette si sente colpevole e, di conseguenza, cerca di nasconderlo, di negarlo o, almeno, di prenderne le distanze.

E questo è il vero peccato, perché un errore non accettato e non compreso, diventa un errore inutile. Così, dal nostro “errare” in quel viaggio fatto lontano dalla norma o dalla regola, non portiamo a casa alcunché: né una conoscenza aggiuntiva, né un’esperienza di crescita.

Entriamo in relazione con i nostri errori e con gli errori dei nostri collaboratori; diventiamo studiosi appassionati degli errori, senza paura e senza sensi di colpa, ne trarremo utili insegnamenti di vita dai quali potremo trarre profitto per noi stessi e per la nostra impresa.

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