Abdicare e difficile BLOG 1 - Consulenza Aziendale

Si afferma di essere stanchi e di non vedere l’ora di fermarsi, di passare lo scettro a chi, fino a quel momento, ha camminato al nostro fianco, imparando il mestiere, e non solo.

Guardiamo i nostri figli, ormai persone adulte, responsabili e competenti, e capiamo con orgoglio che ora sono in grado di succederci. Possono fare bene, forse addirittura meglio di noi, perché hanno la mentalità giusta per i tempi attuali.

Eppure…

Talvolta abbiamo la sensazione che se noi abbandoniamo il timone, qualcosa delle strumentazioni di bordo avrà un piccolo cedimento; l’ingranaggio rischierà di incepparsi; qualche cliente storcerà il naso.

Sono emozioni tra loro contrastanti, tutte comprensibili e naturali, ma non sempre funzionali al raggiungimento dei nostri obbiettivi e al successo dell’azienda.

Quali sono, allora, gli strumenti e i metodi per superare questo prevedibile momento di indecisione? Molto dipende dal tipo di azienda, dalle relazioni con i clienti, dalla qualità delle relazioni all’interno della famiglia e, in particolare, con chi deve prendere il nostro posto. Tuttavia, ci sono alcuni principi che vale la pena ricordare sempre e verificare che siano costantemente rispettati da tutti.

Amici o nemici del cambiamento

Lasciare l’azienda di famiglia nelle mani dei nostri eredi significa inevitabilmente dare spazio al cambiamento. Pur lavorando secondo i medesimi principi e perseguendo gli stessi risultati, è impossibile che persone diverse lascino sul terreno impronte identiche.

Più il nostro rapporto col cambiamento è sereno, più è facile andarci incontro con passo leggero.

È altresì importante essere consapevoli che un cambiamento, anche se voluto e scelto, ci farà vivere stati emotivi altalenanti.

Conosciamoli insieme, in modo da esservi preparati e poterli gestire in modo attivo e positivo.

Fase 1. Ottimismo ingiustificato. Appena abbiamo deciso che è ora di cambiare, siamo sostenuti dall’ottimismo tipico di ogni inizio. Vediamo tutto rosa e siamo sostenuti da una ingiustificata sicurezza che tutto sarà perfetto. Usiamo questi momenti per scrivere (non pensare soltanto) tutte le fantastiche conseguenze positive del nuovo cambiamento.

Fase 2. Pessimismo giustificato. Quando è passata l’euforia dell’inizio, cominciamo a vedere anche le ripercussioni meno entusiasmanti del cambiamento. Possiamo provare nostalgia della situazione passata e sentire la voglia irrefrenabile di riavvolgere il nastro, anche se sappiamo che, nella vita, ciò non è possibile. Questa fase può farci provare rabbia, frustrazione, senso di perdita, e altre simpatiche emozioni di questo genere. È importante in questo momento poter andare a rileggere ciò che abbiamo scritto nella fase precedente.

Fase 3. Realismo incoraggiante. Il tempo passa e ci concede lo spazio per prendere l’abitudine a gestire la nuova situazione. In maniera più razionale e obbiettiva; ci rendiamo conto che non era tutto oro quello che luccicava davanti ai nostri occhi, ma non era neppure quella valle desolata che avevamo intravisto nella Fase 2. Capiamo che abbiamo a nostra disposizione nuove e interessanti opportunità.

Fase 4. Ottimismo giustificato. La nuova situazione ci ha permesso di raggiungere nuovi risultati e di porci altri interessanti obbiettivi. La svolta comincia a mostrarci un panorama fatto non solo di promesse, ma di situazioni concrete.

Fase 5. Conclusione. Il cambiamento è diventato la nostra nuova realtà e tutto ciò che abbiamo vissuto per arrivare al nuovo traguardo è diventato esperienza da mettere a disposizione nostra e di chi è intorno a noi.

Vedere il mondo da nuovi punti di vista

Ognuno di noi decide e opera facendo riferimento a idee e atteggiamenti mentali che sono il risultato della nostra cultura d’origine, delle nostre esperienze passate, dei risultati che abbiamo ottenuto, e così via.

Se abbiamo trascorso tutta la nostra vita adulta a capo della nostra azienda, è facile che il nostro modo di vedere e interpretare la realtà sia pesantemente influenzato dal ruolo che, per tanti anni, abbiamo ricoperto.

Pensare di cambiare ruolo e voler mantenere lo stesso punto di vista è un obbiettivo impossibile che, oltre a non portarci da nessuna parte, ci stanca e ci deprime inutilmente.

Lasciare l’azienda nelle mani dei nostri eredi richiede innanzitutto la nostra capacità di spostare il nostro sguardo e interpretare il contesto partendo da presupposti nuovi.

Se cambiamo il filtro delle nostre lenti, avremo la possibilità di osservare la realtà che ci circonda in modo nuovo e potremo accorgerci di nuove sfide e nuovi stimoli che, prima, erano passati del tutto inosservati.

Questo farà molto bene a noi e farà molto bene anche all’azienda, ai nostri eredi e al team. Una leadership che rimane sospesa come un fantasma e aleggia costantemente nelle stanze delle decisioni, nell’ufficio del nuovo Amministratore Delegato, negli uffici e nei reparti dell’azienda, è disorientante per tutti; depotenzia il ruolo del nuovo leader e non permette alla nuova struttura di evolvere.

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