Quando il tram non funziona blog - Consulenza Aziendale

Il team può essere una risorsa preziosa per il raggiungimento degli obbiettivi e per la qualità della vita in azienda. Talvolta, tuttavia, alcuni fattori compromettono la vita di un team; vediamo insieme quali sono.

La territorialità. Le “lotte di campanile” tra un settore e l’altro e, addirittura, tra clan appartenenti allo stesso settore sono pericolose, puerili e rischiano di minare irreparabilmente il clima.

L’autocompiacimento. Quando si è troppo soddisfatti, non si cresce. Un conto è provare soddisfazione per i risultati raggiunti, diverso è pensare di essere arrivati sulla vetta.

La banderuola. Quando manca coerenza tra ciò che si pensa e il comportamento che ne deriva, come quando si cambia parere e decisione in base all’interlocutore, si creano errori, inefficienze, disorientamento, frustrazione e demotivazione.

I parassiti. Tollerare che all’interno del team qualcuno si possa permettere di vivere e godere dei risultati approfittando del lavoro altrui, è fonte di rabbia e demotivazione. È un comportamento socialmente ingiusto che induce prima alla rivolta e, poi, al lassismo diffuso.

Il controllo. L’accentramento e la verifica esasperata creano team inefficienti e immobili. Il capo diventa un collo di bottiglia, anziché un facilitatore; le persone non crescono né a livello tecnico, né a livello manageriale. Non si sviluppa neppure la capacità di pensiero critico e il senso di responsabilità.

Le ingiustizie. Qualche volta la tentazione è di caricare sempre lo stesso somaro. Le persone più competenti, più efficienti, più responsabili e maggiormente ingaggiate nel raggiungimento degli obbiettivi sono quelle che, spesso, devono portare i carichi maggiori, con grande soddisfazione dei parassiti.

I falsi esperti. Quando qualcuno della squadra “vende” troppo bene competenze ed esperienze che, di fatto, sono a livelli più bassi di quelli dichiarati, ci sono rischi per la motivazione del resto del team, ma soprattutto, rischi per la qualità e la correttezza del lavoro di tutti. È sempre meglio dare credito ai fatti, invece che a parole e atteggiamenti.

Le cattive maniere. Sincerità ¹ sgarbatezza. C’è una differenza abissale tra esprimere la propria opinione sulla prestazione o il comportamento di un collega e aggredirlo con critiche e comportamenti irrispettosi e denigratori. La mancanza di rispetto deve essere sanzionata con severità perché è deleteria per il team e lascia ferite profonde, difficili da rimarginare.

L’egoismo. L’egoismo è fisiologico in ogni essere umano; quando però questo raggiunge livelli che portano a comportamenti non etici, deve essere riconosciuto, arginato e, se necessario, sanzionato.

Il timore reverenziale. Quando si pensa di valere meno degli altri, ci perdono tutti: chi ha questa sensazione e anche il gruppo in cui è inserito. Ascolto, inclusione, tolleranza verso l’errore, valorizzazione dei contributi sono ingredienti preziosi per il benessere e per il successo di qualsiasi team.

Blaterare. In un mondo in cui tutti si lamentano della scarsità di tempo, essere prolissi e dilungarsi in pensieri e dettagli inutili è causa di importanti sacche di inefficienza. Prepariamoci alle riunioni ed esigiamo che lo facciano anche gli altri; non dilunghiamoci, aprendo parentesi interminabili che portano il discorso fuori direzione.

Il delirio del capo. Esercitare il potere è gratificante, ma anche pericoloso. Per non perdere il senso e il significato del ruolo, dobbiamo essere sempre in grande equilibrio con noi stessi e all’interno della squadra. Una responsabilità consapevole è ben altra cosa da una dittatura sconsiderata e capricciosa. Quando siamo capi, abbiamo in mano le sorti del nostro team e anche il benessere e lo sviluppo delle persone che lo compongono.

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